Ha valore esecutivo il verbale di mediazione senza attestazione di conformità?

In questa sentenza del 7 settembre 2016 il Tribunale di Bari prende in esame l’accordo sottoscritto dalle parti in sede di mediazione. L’opponente infatti sosteneva che il verbale di conciliazione non avesse i requisiti per costituire titolo esecutivo, poiché privo dell’attestazione e della certificazione di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico

TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI

SECONDA SEZIONE CIVILE- ESECUZIONI MOBILIARI

Il Giudice,

sciogliendo la riserva di cui all’udienza del 2/5/2016,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Letto il ricorso in opposizione all’esecuzione per rilascio di immobile depositato in data 4/4/2016 da X e la contestuale istanza di sospensione della procedura esecutiva; esaminata la memoria difensiva depositata dal creditore procedente opposto all’udienza del 2/5/2016; rilevato che il debitore esecutato ha eccepito, in primo luogo, l’insussistenza di idoneo titolo esecutivo alla base dell’intrapresa esecuzione per rilascio, in ragione dell’inidoneità del verbale di conciliazione e dell’allegato accordo sottoscritto dai difensori delle parti il 5/5/2015 presso l’Organismo di mediazione e conciliazione forense istituito presso il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bari, essendo lo stesso privo dell’attestazione e della certificazione di conformità alle norme imperative e all’ordine pubblico; in secondo luogo, l’omessa trascrizione integrale nell’atto di precetto notificato il 22/1/2016 – come richiesto dall’art. 480, co. II, c.p.c. – del verbale di conciliazione in aggiunta al relativo accordo di mediazione, nonché la mancata certificazione di conformità da parte dell’ufficiale giudiziario circa l’esatta corrispondenza tra l’originale del titolo esecutivo e la relativa trascrizione nell’intimazione pre-esecutiva; ritenuto che l’art. 12 d.lgs. 28/2010, come modificato dal d.l. 69/2913, abbia innovato la categoria dei titoli esecutivi ex lege attraverso il riconoscimento di detta qualità all’accordo di conciliazione sottoscritto dalle parti e dagli avvocati innanzi ad organismi di conciliazione accreditati, senza la necessità della previa omologazione giudiziale; rilevato che il dato letterale della citata disposizione normativa conferisce prima facile valenza di titolo esecutivo al mero accordo munito delle suindicate sottoscrizioni e che l’intervento degli avvocati assolve, per l’appunto, di per sé ad uno scopo certificatorio dell’eseguita verifica relativa al rispetto delle norme imperative e dei principi di ordine pubblico (circostanza oltretutto non preclusiva di possibili impugnative successive, ad opera delle parti, avverso l’accordo stragiudiziale); ritenuto che la soluzione debba valere anche prescindendosi dall’adozione di una formale attestazione di conformità, analogamente alla funzione di autenticazione esercitata dal difensore con riguardo alla sottoscrizione della parte apposta a margine o in calce al mandato rilasciato nel corpo introduttivo del primo atto del giudizio; ritenuto, pertanto, che il difetto dell’attestazione e della certificazione di “conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico” costituisca un requisito di mera irregolarità formale inidoneo ad impattare sull’intrinseca efficacia esecutiva del titolo; ritenuto che tale interpretazione trovi conforto anche nella lettura sistematica della disposizione, in quanto “in tutti gli altri casi” (da intendersi qualora non vi sia la partecipazione diretta dei difensori o non si tratti di organismo conciliativo tra quelli accreditati) all’omologazione dell’accordo si provvede, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale “previo accertamento della regolarità formale e del rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico”, non richiedendosi neppure in tale situazione l’impiego di precise formule sacramentali; ritenuto che, alla luce della sostanziale valenza pubblicistica dell’attività di attestazione e certificazione conferita agli avvocati, nell’ottica incentivante la degiurisdizionalizzazione, non possa che accreditarsi – sia pure con i limiti della sommaria delibazione cautelare – un’opzione ermeneutica comune alle due fattispecie contemplate dalla norma speciale; ritenuto che gli ulteriori profili di doglianza ineriscano la regolarità formale dell’atto di precetto e che sussistono dubbi in merito alla tempestività dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. depositata in data 4/4/2016 a fronte della notifica del precetto di rilascio perfezionatasi l’11/3/2016; ciò alla stregua del prevalente indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui “la mancata trascrizione del titolo esecutivo nel precetto intimato in base a cambiale o ad assegno, che è prescritta per la sua individuazione, ne determina la nullità, che è deducibile con l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. (…)” (si veda, al riguardo, Cass. n. 5168 del 09/03/2005); ritenuto, in ogni caso, che il precetto opposto contenga puntuali elementi tesi all’individuazione del titolo esecutivo posto a fondamento della contestata procedura; ritenuto, pertanto, che non sussistano gravi motivi di sospensione ai sensi dell’art. 624 c.p.c..; ritenuto, in conformità alla pronuncia della Suprema Corte (cfr. n. 22033 del 24/10/2011) che “nella struttura delle opposizioni, ai sensi degli artt. 615, comma secondo, 617 e 619 cod. proc. civ., emergente dalla riforma di cui alla legge 24 febbraio 2006, n. 52, il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento che chiude la fase sommaria davanti a sé – sia che rigetti, sia che accolga l’istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti indilazionabili, fissando il termine per l’introduzione del giudizio di merito, o, quando previsto, quello per la riassunzione davanti al giudice competente -, deve provvedere sulle spese della fase sommaria, potendosi, peraltro, ridiscutere tale statuizione nell’ambito del giudizio di merito”; ritenuto in applicazione dei parametri professionali medi di cui al DM 55/2014 (tabella 10), in relazione al valore indeterminabile della controversia e, dunque, allo scaglione compreso tra €5.200,01 ed €26.000,00 (secondo quanto previsto dall’art. 5, co. VI, d.m. 55/2014), della modesta entità delle questioni controverse, della natura della causa e della qualità delle parti, con riduzione della voce relativa alla fase istruttoria in misura del 70% (attesa l’esclusiva valenza documentale) e del 50% di quella decisoria (essendosi le parti limitate a sintetizzare le rispettive conclusioni cautelari a verbale d’udienza), di liquidare a titolo di compensi per i giudizi sommari di opposizione all’esecuzione riuniti l’importo complessivo di €2.230,00;

P.Q.M.

RIGETTA l’istanza di sospensione dell’esecuzione;

CONDANNA X, opponente, alla rifusione in favore dell’opposto, Y, delle spese processuali della presente fase sommaria che liquida in complessivi €2.230,00, oltre a rimborso spese forf., CAP ed IVA come per legge.

Assegna il termine di giorni novanta per l’introduzione del giudizio di merito, previa iscrizione a ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’art. 163 bis, o altri se previsti, ridotti della metà.

Si comunichi.

Bari, 7 settembre 2016

Il Giudice dell’esecuzione

Valentina D’Aprile

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